Santo Stefano Protomartire
La fede che si fa testimonianza
Gli Atti degli Apostoli, ai capitoli 6 e 7, narrano gli ultimi suoi giorni. Qualche tempo dopo la Pentecoste, il numero dei discepoli andò sempre più aumentando e sorsero anche dei dissidi fra i Giudei di lingua greca e quelli di lingua ebraica, perché secondo i primi, nellassistenza quotidiana, le loro vedove venivano trascurate. Allora i dodici Apostoli riunirono i discepoli dicendo loro che non era giusto che essi disperdessero il loro tempo nel “servizio delle mense” trascurando così la predicazione della Parola di Dio e la preghiera. Pertanto questo compito doveva essere affidato ad un gruppo di sette di loro, in tal modo gli Apostoli avrebbero potuto dedicarsi di più alla preghiera e al ministero. La proposta fu accettata e vennero eletti Stefano, uomo pieno di fede e Spirito Santo, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Parmenas, Nicola di Antiochia. Gli Apostoli imposero le mani a tutti loro ed in questo gesto la Chiesa ha visto l’istituzione del ministero diaconale. Nell’espletamento di questo compito, Stefano, pieno di grazia e di fortezza, compiva grandi prodigi tra il popolo, non limitandosi al servizio al quale era stato chiamato, ma dedicandosi anche alla predicazione, soprattutto fra gli ebrei della diaspora, che passavano per la città santa di Gerusalemme e che egli convertiva alla fede in Gesù crocifisso e risorto.
Nel 33 o 34 circa, gli ebrei ellenistici, vedendo il gran numero di convertiti, sobillarono il popolo e accusarono Stefano di “pronunziare espressioni blasfeme controMosè e contro Dio”. Gli anziani e gli scribi lo catturarono trascinandolo davanti al Sinedrio e con falsi testimoni fu accusato: “Costui non cessa di proferire parole contro questo luogo sacro e contro la legge. Lo abbiamo udito dichiarare che Gesù il Nazareno, distruggerà questo luogo e cambierà le usanze che Mosè ci ha tramandato”. E alla domanda del Sommo Sacerdote “Le cose stanno proprio così?”, il diacono Stefano pronunziò un lungo discorso, il più lungo degli Atti degli Apostoli, in cui ripercorse la Sacra Scrittura dove si testimoniava che il Signore aveva preparato, per mezzo dei patriarchi e profeti, l’avvento del Giusto, ma gli ebrei avevano risposto sempre con durezza di cuore. Mentre l’odio e il rancore dei presenti aumentava contro di lui, Stefano ispirato dallo Spirito, alzò gli occhi al cielo e disse: “Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo, che sta alla destra di Dio”. Fu il colmo; elevando grida altissime e turandosi gli orecchi, i presenti si scagliarono su di lui e, a strattoni, lo trascinarono fuori dalle mura della città e presero a lapidarlo con pietre. Un giovane di nome Saulo (il futuro Apostolo delle Genti, S. Paolo) assistette all’esecuzione. Mentre il giovane diacono protomartire crollava insanguinato sotto i colpi degli aguzzini, pregava e diceva: “Signore Gesù, accogli il mio spirito”, “Signore, non imputare loro questo peccato”.
La celebrazione liturgica di S. Stefano è stata da sempre fissata al 26 dicembre, subito dopo il Natale, perché nei giorni seguenti alla manifestazione del Figlio di Dio, furono posti i comites Christi, cioè i più vicini nel suo percorso terreno e primi a renderne testimonianza con il martirio. Così il 26 dicembre c’è S. Stefano primo martire, segue il 27 S. Giovanni Evangelista, il prediletto da Gesù, autore del Vangelo dell’amore, poi il 28 i SS. Innocenti, bambini uccisi da Erode con la speranza di eliminare anche il Bambino di Betlemme. S. Stefano, sia per essere stato il primo Martire di Cristo, sia per la grandezza della sua santità e sia per la sua prodigiosa attività taumaturgica, viene giustamente annoverato tra i Santi più popolari.
Dal punto di vista iconografico S. Stefano è sempre rappresentato con indosso la veste dalmatica, lunga fino ai piedi, ad indicare il suo ministero di diacono. Lo vediamo così raffigurato infatti anche nella tela di Filippo Tarchiani collocata sopra l’altare della nostra chiesa. La raffigurazione del santo sulla finestra istoriata a sinistra dell’altare – che lo vede associato, non a caso, alla santa martire bambina Grania, così cara a Capraia – ci presenta altri particolari: i due santi reggono un ramo di palma, simbolo fin dall’antichità del martirio (Apocalisse 7, 9-10) e Stefano, a ricordo della morte per lapidazione, reca in mano delle pietre. In alcuni santini e antiche icone S. Stefano viene raffigurato anche con la ferita alla testa che lo portò alla morte. Per questo, tradizionalmente, è venerato come patrono dei diaconi e dei fornaciai – mestiere un tempo assai diffuso tra i capraini – e protettore contro il “mal della pietra” cioè i calcoli, e il mal di testa.